Habitare secum

Spazi di silenzio e di solitudine

Nella vita monastica, una delle verifiche della verità della propria scelta è la capacità sana dell’ habitare secum, cioè del saper vivere la solitudine.

         Anche la vita cenobitica, che è vita di comunione fraterna radicale, ha al suo cuore questa dimensione irrinunciabile dell’essere monaco, ma – vorremmo dire – anche dell’essere uomo: saper abitare presso di sé, saper trovare le vie di una vera unificazione interiore, saper essere uomini e donne capaci di quel silenzio in cui, in primo luogo si pensa, poi si prega, poi si osserva il mondo e la storia in cui si vive.

         L’habitare secum conduce ad una sempre maggiore conoscenza di sé e quindi ad una conoscenza sempre crescente di Dio e del suo amore. La conoscenza di Dio conduce ad una maggior conoscenza di sé e una conoscenza di sé sempre più libera e veritiera apre strade di un ulteriore conoscenza di Dio. È un lavoro essenziale in cui le due conoscenze devono essere in assoluta interazione. Se questo è un lavoro fondante dei monaci, questo – ne siamo convinti – non può non essere il lavoro di ogni uomo e, in modo tutto particolare, del credente, del discepolo di Gesù. Mai dimenticare il fondamento, nella vita cristiana, del mistero dell’Incarnazione.

         Per questo la nostra comunità monastica desidera dare la possibilità, a chi lo desideri, di trovare qui, nello spazio del monastero e della nostra vita concreta, spazi di silenzio e di solitudine, spazi di ascolto e di confronto per crescere nell’arte dell’habitare secum, per saper abitare nella verità lo spazio della città dell’uomo.

         Chi vuole può dunque chiedere alla comunità tempi di silenzio e di ritiro personale condividendo la nostra vita di preghiera e di lavoro.