15 Giugno 2025/ Anno C

Pr 8,22-31; Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15

Con la festa della Trinità la comunità cristiana è invitata non a fare memoria di un evento di salvezza – tutte le feste cristiane in realtà sono storiche, legate cioè inscindibilmente a un’azione puntuale di Dio nella storia degli uomini –, ma a contemplare la fonte stessa di tutti gli eventi di salvezza.

Il primo frutto dello Spirito effuso nel cuore dei credenti diviene così il riconoscimento del volto trinitario di Dio: dopo aver celebrato la Pasqua, cuore del mistero di salvezza che ha afferrato l’esistenza umana e che si compie nella Pentecoste, si contempla con stupore la fonte di quell’Amore che ha cercato e ha conquistato l’uomo a caro prezzo (cf. 1Cor 6,20) e questa fonte non è una solitudine innamorata, ma una comunione d’amore.

Se Gesù ha narrato il Padre con tutta la sua vicenda terrena e con il suo mistero pasquale, lo Spirito conduce colui che gli si fa docile a conoscere, sperimentare e fare proprio l’amore pasquale di Cristo.

Tutto questo non è un astratto “teorema celeste”, ma è rivelazione e consegna di Dio alla storia degli uomini… una rivelazione che non esaurisce Dio e il suo mistero, ma conduce a contemplare la vita stessa di Dio, come dinamica vitale, relazione, che è vita di persone fatta di amore che ama, si lascia amare e si dona.

Il mistero trinitario, però, dice anche che l’uomo, creato a immagine di Dio, non può che realizzarsi nella relazione con sé stesso, con Dio, con l’altro, con il mondo. Senza relazioni il Dio cristiano non sussiste e non sussiste neanche la salvezza,perché questa – nella rivelazione cristiana – è realizzata dal Figlio che è venuto nella carne umana per opera dello Spirito Santo e ha condotto, nel suo mistero pasquale, l’uomo alla piena comunione con il Padre.

Il discepolo di Cristo non può non essere che un uomo che specchia il suo essere nelle relazioni trinitarie, trovando lì la ragione, la fonte e la forza delle sue relazioni, quelle grazie alle quali si vive e grazie alle quali si realizza la vera umanità.

Purificare le relazioni, rendendole autentiche e veritiere, è allora opera altissima di umanizzazione: i discepoli del Signore, immersinelle relazioni trinitarie fin dal battesimo, sono chiamati a vivere tutte le loro relazioni umanizzandole, liberandole cioè dalle sovrastrutture della philautía, che è quell’amore di sé che non dà spazio all’altro, che ignora volutamente la costruzione di vere relazioni e le calpesta allo scopo di salvare sé stessi.

L’uomo, perciò, è chiamato a vivere l’amore in quella comunione fraterna, che, radicata nella relazione filiale con Dio, è la sola capace di dare all’uomo un respiro ampio, capace di restituirgli la fraternità ferita e compromessa dal peccato di cui è “icona” già l’omicidio di Abele (cf. Gen 4,1-16).

Il mistero trinitario radica allora nei credenti la necessità di relazioni umane e fraterne non in una ragione semplicemente etica o psichica, ma in una ragione “pneumatica”, vale a dire nelle profondità stesse di Dio e quindi nelle profondità stesse dell’essere uomini creati a immagine di un Dio che è comunione e che chiama a rimanere nell’amore!

La Trinità, che si è rivelata a pieno nel mistero della Croce e Risurrezione di Gesù, diviene per i credenti rivelazione della loro identità più radicale di esseri fatti dalla comunione e per la comunione.

E così, l’amore trinitario che è Dio si rivela essere, oltre che fonte, anche la meta cui tendere (perché solo in Lui l’uomo trova risposta alla sete di infinito che lo abita e per cui è fatto) e il cammino da seguire (perché il Dio dei cristiani, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, il Dio che Gesù ha narrato, può essere rinarrato alla storia e sperimentato solo attraverso la comunione fraterna).

P. Gianpiero Tavolaro

Spinello Aretino (1350-1410): Santissima Trinità (1400-1410 ca. Arezzo, Chiesa Santissima Trinità)