1 Giugno 2025/ Anno C

At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28;10,19-23 opp. Ef 1,17-23; Lc 24,46-53
L’Ascensione del Signore è l’ora in cui, come dice il profeta Isaia (cf. Is 55,10-11), la Parola torna a Dio dopo aver compiuto ciò per cui era stata mandata e, cioè, dopo aver fecondato la terra degli uomini con il suo amore, consegnando all’uomo il volto del Padre ormai libero dalle distorsioni della “religione”, ma anche il pane della vita, del quale la comunità dei discepoli dovrà nutrirsi per essere sempre più unita al suo Signore.
Dopo tutto questo, la Parola torna al Padre, avendo adempiuto la sua missione: questo ritorno, però, non è un abbandono del mondo e della Chiesa nata dalla sua Pasqua.
L’evangelista Luca narra questo mistero dell’Ascensione in due modi diversi e complementari: alla fine del suo vangelo e all’inizio degli Atti degli apostoli. I
L’evangelo si era aperto con una benedizione “mancata”, “sospesa”, quella del sacerdote Zaccaria, padre del Battista, che, reso muto dalla sua incapacità a fidarsi (cf. 1,20), non riesce a benedire il popolo in attesa all’esterno del Santuario (cf. 1,21-23); ora, nell’ultima pagina dell’evangelo, quella benedizione scende su tutta l’umanità con abbondanza e pienezza e rende i discepoli del Cristo capaci di una lode benedicente a Dio («e stavano sempre nel tempio lodando [lett. benedicendo] Dio»).
Nel Risorto si compie, così, la promessa fatta ad Abramo («In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra», Gen 12,3).
Il mistero dell’Ascensione non è, allora, mistero di separazione, ma è mistero di estrema unità tra la natura umana e Dio!
Per sempre uomo e Dio sono uniti in Cristo risorto e asceso al Padre.
La carne del Risorto, con i segni della Passione e della morte, porta in Dio la concreta umanità della storia, con il suo vivere, il suo soffrire e perfino con il suo morire. In questo modo, l’Ascensione mostra la meta e chiede di essere, come Chiesa, ancora corpo di Cristo nella storia!
Se il corpodi Gesù è stato sottratto alla vista e al tatto dei suoi in questo giorno, il corpo di Cristo, che è la Chiesa, oggi riceve il mandato di essere la visibilità di Lui, la sua tangibilità in ogni oggi della storia.
I discepoli si scoprono chiamati a trasformare la storia con l’annunzio del vangelo della remissione dei peccati (cf. Lc 24,47): ciò richiede che essi amino la storia senza fuggirla, ma sapendo di essere in essa pellegrini e forestieri (cfr. 1Pt 2,11) e con lo sguardo capace di desiderare l’oltre di Dio.
Tutto questo sarà possibile perché i discepoli del Cristo sono pieni della benedizione di Lui.
Le mani di Gesù, levate sui suoi, sono l’ultima immagine di Colui che essi devono custodire: queste mani, trafitte per amore, donano una benedizione su coloro che sono il principio della Chiesa… Gesù ascende al cielo, mentre li benediceva: quella donata dal Risorto è una benedizione che, tramite i discepoli, si estenderà per tutta la terra e lungo tutto il corso della storia.
Gesù, uscito dalle strettoie del tempo e dello spazio, ora può essere presente in ogni tempo e in ogni luogo.
La benedizione diviene, così, dichiarazione di presenza, ma di una presenza “altra”, una presenza sottratta ai sensi e ravvisabile solo nella fede.
I due racconti di Luca mostrano che l’assenza-presenza del Signore Risorto inaugura un tempo nuovo, in cui la Chiesa è invitata non solo a guardare in alto (i due uomini in bianche vesti di cui parlano gli Atti chiedono ai discepoli di non fissarsi a guardare in alto), ma a compromettersi con la storia che attende un annuncio di salvezza e di liberazione; questo annuncio dal giorno dell’Ascensione occupa un frattempo, che durerà fino a quando si vedrà tornare Gesù allo stesso modo in cui lo si è visto andare in cielo:.. un frattempo che è carico di responsabilità per coloro che hanno sperimentato il suo amore e la sua misericordia.
P. Gianpiero Tavolaro

Carlos Forns Bada (1956): Ascensione (Olio su tela, 2000)