TRENTUNESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

30 Ottobre 2022/ Anno C

Sap 11,22–12, 2; Sal 144; 2Ts 1,11–2,2; Lc 19,1-10

            Il pubblicano della parabola della scorsa settimana era un’invenzione letteraria, un personaggio uscito dalla fantasia di Gesù per parlarci della via di salvezza che si può aprire alla venuta di Dio se ci si presenta a Lui con le proprie povertà, con i propri peccati, a mani vuote … ora “quel pubblicano” è in carne ed ossa, è una figura reale … ha un nome, Zaccheo ed ha una “patria”, Gerico … ne abbiamo perfino – cosa rarissima negli evangeli – una descrizione fisica: era piccolo di statura …

Il suo nome è una forma grecizzata di un nome ebraico che significa “Dio si è ricordato” e la vicenda che Luca racconta è proprio una vicenda in cui si vede come Dio si ricorda di questo piccolo uomo, grande peccatore che però cerca qualcosa di più rispetto alla sua vita di ricco e di potente … perché, infatti, dovrebbe salire su di un sicomoro uno soddisfatto di sè e basta? … perché dovrebbe esporsi anche alla derisione di una città che già lo disprezza mentre trema di lui? … Zaccheo ha sete di qualcosa che forse neanche sa … non sa di cosa, ma ha sete; come sarebbe difficile per Dio fare breccia nel cuore di uno che non ha sete … ma Zaccheo è assetato e questo gli permetterà di spalancare la sua vita all’opera di quel Dio che da sempre si ricordava di lui e lo cercava.

            Il passo del Libro della Sapienza che apre la Liturgia della Parola di questa domenica, ci offre un quadro limpido e caldo di quell’amore di Dio che tutto custodisce e tutto difende dal nulla perché tutto ama; una pagina che davvero dona grande consolazione mostrandoci un volto di Dio tanto distante da quei volti “religiosi” e perversi che l’uomo gli ha attribuito.

            È questo Dio innamorato della sua creatura che Zaccheo incontra sulle vie della sua città, sulle vie di quel suo quotidiano fatto di peccato, di noncuranza degli altri, ma anche di sete di ulteriore.

            Luca con questo racconto di Zaccheo ci mostra poi come sia vera una frase che risuona fin dal principio del suo Evangelo: «Nulla è impossibile a Dio!» (Lc 1,36). Poche pagine prima di questo racconto Gesù aveva incontrato un altro ricco a cui aveva fatto una proposta di sequela radicale e quell’uomo era restato triste e incapace di un sì perché era ricco; Gesù aveva osservato che difficilmente un ricco entra nel Regno, ma aveva anche aggiunto che «ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio» (Lc 18,27); ed ecco che in Zaccheo si dimostra che anche un ricco può diventare discepolo e testimone del Regno.

            Zaccheo incontra Gesù, che pure aveva cercato (certo, forse solo per vederlo spinto da quella sua sete indefinita), e Gesù con lui è di una delicatezza incredibile: «Scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua!». Badate che Gesù non dice: «Scendi subito perché devo convertirti»! Gesù gli chiede di accoglierlo come suo ospite, si mette nella condizione non di uno che deve dare, ma di uno che chiede perché bisognoso; è vero: Gesù è bisognoso di accoglienza per poter donare, per poter riempire le vite di novità e di gioia.

            Gesù nulla dice a Zaccheo della sua vita di peccato, gli chiede solo una porta aperta, ma Zaccheo comprende che quella porta aperta si spalancherà non solo sulla sua casa per accogliere quell’Ospite benevolo e discreto che non lo ha né giudicato, né disprezzato ma si spalanca anche su una vita nuova; i principi che hanno guidato la sua esistenza fino a quel giorno sono capovolti; infatti, il danaro, attorno a cui tutta la sua vita aveva ruotato (era esattore per Roma e ladro per sé e per il suo lusso!) ora viene decentrato e diviene “segno” di quella vita nuova; è incredibile, ma proprio quel danaro diventa segno di novità perché restituito e donato; diventa segno della concretezza di quella vita nuova. Non si tratta di belle parole e di bei propositi … implica la “tasca”! Diciamocelo: troppi credenti corrono sulle vie delle parole belle ed alate ma poi si fermano e si voltano indietro dinanzi alla “tasca”; tutto va bene con l’Evangelo e con Dio ma finché non si tocchino le sicurezze, il danaro, i possessi … quella è l’ora in cui si dice: “va bene, ma non bisogna esagerare; poi si diventa integristi, fanatici…”.

            Per Zaccheo non è così: è immediata nel suo cuore la relazione stretta tra conversione e “tasca”! Cioè tra conversione e concretezza!

Nell’Evangelo di Luca la conversione ha necessariamente delle dimensioni che puntualmente ritroviamo qui: l’urgenza, la rinuncia e la gioia!

L’urgenza è detta fortemente in questo racconto; Gesù infatti dice: «Zaccheo, scendi subito, perchè oggi devo fermarmi a casa tua» e il racconto prosegue dicendo che «Zaccheo in fretta scese e lo accolse con gioia»! “Subito”,  “oggi”, “in fretta” … tutto dice di una impellenza perché l’opera di Dio bussa a quella vita e non tollera rimandi, ogni ora perduta è ora sottratta al Regno!

La rinuncia è racchiusa in quel dare ciò che per Zaccheo poco prima era essenziale e forse scopo di vita; con questo dare Zaccheo non solo fa giustizia perché restituisce, ma fa anche dono in modo gratuito e “non dovuto”: dà la metà dei suoi beni ai poveri ed in più quello che ha frodato lo restituisce con ampio risarcimento («quattro volte ciò che ho frodato») …

Tutto questo è vissuto in un vero clima di gioia! Se al capitolo quindicesimo Luca aveva insistito sulla gioia di Dio dinanzi al peccatore convertito, qui Luca ci mostra la gioia del convertito! Zaccheo come l’amministratore disonesto della parabola «si fa amici con la ricchezza disonesta» (Lc 16,1-8) e permette addirittura a quella ricchezza disonesta di raccontare un Evangelo, un mutamento di campo nella vita di chi accoglie Gesù.

Questa pagina è un racconto “sorridente” in cui due sorrisi si incontrano: quello di Dio sul volto di Gesù e quello del peccatore perdonato che scende gioioso da quello strano sicomoro … una sola ombra in questo racconto: quel mormorare degli immancabili “benpensanti” che non sanno leggere mai l’uomo come uomo e basta, ma gli devono sempre attaccare etichette incancellabili: un pubblicano è sempre e solo un pubblicano! Non così Gesù: Zaccheo per Lui ha fatto il pubblicano, ma è figlio di Abramo e lo è comunque; è figlio di un’alleanza che ora, in Lui, in Gesù,  è giunta al suo culmine; il tempo di Gesù, per quella stessa alleanza, sarà tempo di ricerca incessante di “perduti”… Gesù lo farà fino alla fine quando, sulla croce, farà scoccare un altro oggi, quello del Buon ladrone che pure è salito su un “albero”, quello della croce, ma che, a differenza di Zaccheo, che Gesù dovrà cercare alzando lo sguardo, si troverà innalzato assieme a Gesù che lo potrà guardare ed amare “dallo stesso livello” … e la casa che si spalancherà sarà la casa del Paradiso che quel povero ladro, che ormai nulla può restituire, si vedrà aprire con uno stupore ancor più grande di quello di Zaccheo … ecco a cosa arriva il cuore innamorato del nostro Dio; è quando siamo perduti che veniamo cercati e trovati dall’amore di Dio, come Zaccheo, come il ladro del Calvario; il nostro problema è troppo spesso quello di non volerci annoverare tra i “perduti” e così rischiamo davvero di perderci!…

P. Fabrizio Cristarella Orestano