SETTIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno A/23 Febbraio 2020

 Lv 19, 1-2.17-18; Sal 102; 1Cor 3, 16-23; Mt 5, 38-48

Se c’è una cosa che il cristianesimo chiede con forza e con una forza che crea la sua identità unica, questa è la parola che Gesù pronuncia sull’amore per il nemico! E non c’è una parola che nei secoli cristiani è stata disattesa, sotterrata, edulcorata, svisata, obliata di questa! Pare anzi che a volte i cristiani (di ieri ma anche di oggi!) desiderino creare dei nemici per combatterli e, di conseguenza, sottilmente, senza dirlo (è “indecente” per uno che si dice cristiano!), per odiarlo! È così!

Questi due ultimi esempi che Gesù fa per far comprendere il compimento della Torah che è venuto a portare ad Israele ed a tutti gli uomini, superano di gran lunga le norme contenute nella Prima Alleanza! Qui ci troviamo davvero dinanzi all’inaudito.

C’è la legge del taglione che non è una via di barbarie ma anzi era norma che serviva a moderare la vendetta cercando di darle una proporzionalità … è come se la Prima Alleanza, sapendo di non poter spegnere del tutto la vendetta, per lo meno desidera moderarla; d’altro canto la legge del taglione è presente, con varie formulazioni, in tutte le legislazioni antiche, da quella sumerica, babilonese e persino nelle XII tavole del diritto romano; la parola “taglione” deriva da talis quasi a dire: pena uguale al danno provocato. Certo, già la Prima Alleanza, nel Libro del Levitico, chiedeva: «Non ti vendicherai e non serberai rancore per i figli del tuo popolo» (19,18) circoscrivendo però il precetto all’interno del popolo di Dio … qui però Gesù dice una parola assoluta e senza confini di popoli … anzi spiega cosa significhi rinunziare al taglione: «Non fate resistenza al malvagio» che vuol dire di non usare la violenza per arginare la violenza, non usare le armi del malvagio per fermare il malvagio.

Si tratta, per Gesù, di una sola possibilità per fermare la piena della violenza: fermarla su se stessi! Il discepolo riceve qui da Gesù una richiesta gravissima: «Sei disposto ad essere tu argine alla violenza ed al male? Se sì, c’è un solo modo per farlo: prendila tutta su di te perché non si propaghi!». Ed ecco, per questo motivo il celebre detto del porgere l’altra guancia a chi ci ha percosso l’altra. Mi viene sempre da pensare a quante battute o barzellette si son dette su questa parola di Gesù; è questo un modo chiaro di sorvolare questa parola e questa richiesta, è un modo per rendere innocua una parola che avrebbe potuto essere rivoluzionaria nella storia dell’umanità! Se l’avessimo sempre presa sul serio davvero avremmo permesso allo Spirito di cambiare la faccia della terra.

Ed invece anche noi cristiani, in tutte le Chiese, abbiamo preso a cincischiare di guerre giuste, addirittura di guerre sante, di pene deterrenti, anche noi abbiamo elevato forche e patiboli, anche noi abbiamo benedetto le armi ed ammessa l’esistenza di preti con i gradi militari (absit iniura verbis!). E l’Evangelo? È restato lettera morta! E ne abbiamo responsabilità! Questo accade nel macrocosmo della storia ma anche nei microcosmi delle diverse esistenze … anche qui prendiamo a giustificare le ritorsioni, le sottili vendette, i rancori, gli odi che non trovano requie. È così ogni giorno!

La parola di Gesù qui invece è netta, è chiara, non apre spiragli ad interpretazioni, non è iperbolica … è solo tanto, tanto esigente! D’altro canto è questa una parola autorevole perché è pronunziata da uno che questo l’ha fatto! Eccome! Gesù è stato schiaffeggiato ingiustamente e non ha risposto né insultando, né odiando ma con un tentativo di dialogo (cfr. Gv 18, 22-23). Gesù sulla croce non ha odiato, «non ha minacciato vendetta» (1Pt 2,23) non ha odiato e non ha opposto violenza a violenza, foss’anche violenza verbale! Gesù ha spezzato la catena dell’odio e della vendetta assumendo su di sé il negativo e l’orrore e non permettendo al male di propagarsi oltre. L’oliato meccanismo dell’odio Gesù l’ha inceppato ma gettandosi nell’ingranaggio che l’ha schiacciato ma nello schiacciarlo è stato finalmente inceppato! Questa via Gesù l’ha sognata anche per noi! Noi suoi discepoli che ne abbiamo fatto di questo suo sogno?

L’esempio successivo arriva alla radice più profonda: «Vi fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; mai io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori». Gesù dà anche la ragione di questa sua richiesta: la ragione, la radice è il Padre, è il suo comportamento, è la sua paternità universale che non si rifiuta ai cattivi per concedersi ai buoni! Il Padre ama ognuno! Sempre! È straordinario: la ragione di questa follia è il Padre!

  Sì, l’amore per il nemico è una follia, quasi dovremmo dire che è “contro natura” perché odiare il nemico fa parte delle conseguenze del naturale istinto di conservazione che tutti gli esseri viventi sperimentano. Amare il nemico è, in fondo, contro l’istinto di conservazione; è un rischio, è una via che non fornisce alcuna assicurazione di incolumità. Gesù, infatti, non dice che amando il nemico questi diventa amico, non dice che se si ama il nemico questi ci amerà! No! Amare il nemico è scelta fatta nel rischio più radicale! E’ scelta che ci pone solo inermi davanti al nemico! È una via questa che può avere radici solo nell’alterità assoluta di Dio!

La prima lettura di questa domenica, infatti, ce lo dice con chiarezza: «Siate santi perché io sono santo!» è decodificando dovremmo dire: «Siate altro perché io sono altro!». La santità infatti è l’alterità assoluta di Dio! Lui ci chiede di immergerci nella sua alterità per essere altro come Lui! Lui rende possibile l’impossibile!

Gesù conclude questo discorso con una parola che anche pare iperbolica, quasi un artificio letterario ma non è così: «Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste!». Una parola enorme che certo non ci chiede la perfezione di Dio (sarebbe impossibile!) ma ci chiede di essere quel che dobbiamo e possiamo essere come figli. La parola greca che Matteo infatti usa è téleioi che proviene da télos che significa fine, pienezza. Insomma Matteo pone sulle labbra di Gesù la richiesta di essere perfetti in quanto figli come il Padre è perfetto in quanto Padre! Essere perfetti quali figli significa riconoscere la fraternità universale che ci impedisce di giustificare qualsiasi tipo di violenza e di odio. Se “figli del Padre” si deve vivere da figli che agiscono come agisce il Padre.

Questo comporta una cosa straordinaria e terribile che l’essere discepoli di Gesù ci impone: amare il non amabile. Se si ama l’amabile si è come tutti, non si è altro!

Altro … ricordiamo che “santo”, in ebraico kadosh, significa “altro”! Capite? Se si è “come” tutti che amano gli amabili e beneficano chi fa loro del bene, non si è “altro”, non si è santi!

Il santo, ricordiamolo, porta sempre un vento di follia, di novità in questo mondo vecchio fatto di  meccanismi immarcescibili per cui al male si risponde col male e all’odio con l’odio! Un meccanismo immarcescibile ma che farà marcire il mondo se i discepoli del Crocefisso non saranno luce che illumina la tenebra dell’odio e sale che preserva dalla corruzione e dal marcio che riporta il terribile già noto dell’odio che risponde all’odio!

Il lavoro da fare è grande e si scava nel profondo della Torah si trova il cuore di un Dio che è Padre che ama ognuno dei suoi figli con un amore unico ed irripetibile, un amore che ci fa grandi perché figli di un simile Padre che ci domanda di somigliare alla sua alterità.

P. Fabrizio Cristarella Orestano

Arcabas:
Lo schiaffo dinanzi al Sommo Sacerdote