SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

ANNO A/8 Marzo 2020

Gen 12,1-4a; Sal 32; 2Tm 1,8b-10; Mt 17, 1-9

E’ la domenica della Trasfigurazione!

Se domenica scorsa Gesù si è mostrato come Colui che lotta nella nostra lotta, come Colui che ci dona la sua vittoria nelle nostre lotte, oggi Gesù ci mostra sul suo volto l’esito della nostra storia con Lui, delle nostre lotte e soprattutto dell’opera della grazia in noi; per Matteo il volto di Gesù brillò come il sole; quel volto è promessa di luce per i nostri volti; per Matteo Gesù si mostra avvolto di vesti candide come la luce; quelle vesti sono promessa per noi: saremo rivestiti di luce (cfr Is 60,1).

La tradizione delle Chiese d’oriente definisce la Quaresima  tempo di “radiosa tristezza” e in questa domenica  l’accento va posto sul “radiosa” …

            La Trasfigurazione non è un momento di “trionfo” di Gesù, non è un momento in cui, stanco della kenosi (dell’abbassamento) mostra la sua divinità; il trionfo terreno è sempre stato aborrito da Gesù (e non lo avrebbe voluto neanche a beneficio consolatorio dei tre discepoli più intimi), la volontà di rinnegare la kenosi si era già rivelata come tentazione quando nel deserto satana gli aveva suggerito di mettere alla prova Dio con un gesto sovrumano come quello di volare dal pinnacolo del Tempio.

La Trasfigurazione (o, come dice il testo greco, la Metamorfosi) è mistero di rivelazione, è rivelazione della vocazione dell’uomo! Una vocazione di luce, di bellezza che l’uomo riceve definitivamente in Cristo Gesù! E’ Lui la benedizione promessa a tutte le genti; è Lui, figlio di Abramo e Figlio di Dio, l’adempimento di quell’antica promessa fatta ad Abramo nell’ora di quella primordiale chiamata: Vattene dalla tua terra … in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra (cfr Gen 12, 1ss).

La cosa straordinaria del mistero della Trasfigurazione è che questa luce, questa benedizione, questa bellezza sono tutte in un uomo! E’ nell’umanità di Gesù che splende Dio, è nell’umanità di Gesù che ci è narrato e consegnato Dio e la sua luce.

Scrive Paolo che Dio abita una luce inaccessibile (cfr 1Tm 6,16) ma, sul Tabor, quella luce si è fatta accessibile all’umanità perché è nell’umanità di Gesù che essa splende.

La Trasfigurazione però non è neanche una bella emozione da gustare, come pensa Pietro nella narrazione dell’evangelo di oggi. Questi certo capisce una cosa: “è bello!” ma dovrà capire che quella bellezza promessa non può essere estraniamento dalla storia e neanche dal “brutto” della storia che è il dolore. Pietro dovrà capire che non è una bellezza a basso prezzo! La Trasfigurazione è annunzio del Regno e della sua bellezza ma che non può restare chiuso nelle tende sul Tabor come Pietro sogna; il Regno attraversa la storia e deve portare la luce di Dio al cuore del dolore del mondo. Scendere dal Tabor per andare a Gerusalemme sarà proprio questo: portare la bellezza del Regno al cuore della passione, cioè al cuore delle sofferenze dell’uomo, dei suoi “inferni”, della sua morte. Si dovrà scendere dal Tabor per conquistare la bellezza della luce e della libertà e questo sarà a caro prezzo; si dovrà scendere dal Tabor per ricevere un dono e per far spazio al dono si dovrà imparare a perdere se stessi.

Scendendo dal monte i tre si sentono dire che non si può parlare di quella luce se non dopo che il Figlio dell’uomo sia risorto da morte, cioè non prima che abbia portato quella luce di bellezza fino al cuore del dolore e della morte … solo dopo che il Figlio dell’uomo avrà gridato il suo lacerantissimo “perché?” (cfr Mt 27,46), dopo che sarà disceso negli “inferi”, dopo che sarà disceso nel sepolcro, comune meta di ogni figlio di Adam.

Il Padre lì sul monte della bellezza dice  l’ ultima sua parola che conferma quanto aveva già detto al Giordano nel giorno del Battesimo: Questi è il Figlio mio, l’amato, in cui mi sono compiaciuto. Ascoltatelo! Sintesi straordinaria questa di tutto il cammino dell’Alleanza, cioè di tutta la ricerca amorosa di Dio nei confronti dell’uomo: il figlio amato ci ricorda Isacco (Prendi tuo figlio, il tuo unigenito, l’amato, Isacco … e offrilo in olocausto cfr Gen 22,2); la compiacenza di Dio ci ricorda che è il Servo sofferente (Ecco il mio servo: io lo sosterrò. Il mio eletto in cui mi compiaccio cfr Is 42,1); il comando dell’ascolto ci conduce poi alla radice di tutta la fede biblica: una permanente richiesta di ascolto su cui si fonda l’Alleanza (Sh’mà, Israel … ascolta, Israele cfr Dt 6,4). Quell’antico Sh’mà ha ora però una convergenza inimmaginabile, l’ascolto richiesto è un ascoltare Lui, il Figlio amato, il Servo, Colui che è la compiacenza di Dio: Gesù!

Come la luce della bellezza, così anche l’ascolto ora riposa su un uomo, sull’uomo Gesù. Ascoltare Lui compie l’antico Sh’mà come ci vien detto dal colloquiare di Gesù con Mosè ed Elia che avevano tracciata la strada dell’attesaMosè che aveva detto Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. Ascoltatelo (cfr Dt 18,15); Elia che la sapienza di Israele afferma che dovrà tornare per preparare la via al Messia (cfr Mal 3, 23-24). Mosè ed Elia che rappresentano la rivelazione di Dio che Israele custodisce nella sua Alleanza. Ora, però, l’Alleanza passa per Gesù; anche ciò che Mosè ed Elia rappresentano è comprensibile in pienezza solo attraverso Gesù, attraverso la sua umanità.

Matteo ci dice che al termine della manifestazione luminosa tutto torna come prima e che i tre discepoli non videro più nessuno se non Gesù solo. Resta solo Gesù e neanche più ammantato di luce … resta Gesù e basta. E’ quel Gesù quotidiano, vorrei dire ordinario, che bisogna ascoltare con coraggio; è quel Gesù “e basta” che bisogna avere il coraggio di seguire per strade che devono attraversare il dolore, l’inferno e la morte.

Nella passione quel Gesù racconterà incredibilmente la bellezza e porterà il Regno al cuore del dolore del mondo! Chi ha il coraggio di obbedire alla voce del Padre, ascoltando il Figlio amato, parteciperà con Lui e per Lui alla straordinaria impresa di trasformare il mondo portando la bellezza di Dio ed il suo Regno al cuore dell’uomo ma partendo dall’abisso del dolore. Il Centurione, dinanzi alla croce del Figlio dell’uomo, dinanzi al suo grido inarticolato ed alla sua morte riconoscerà paradossalmente quel bagliore del Regno … capirà che l’orrore della morte è stato abitato dalla bellezza di Dio: Davvero costui era il Figlio di Dio! (cfr Mt 27,54).

L’Evangelo di oggi si chiude con un silenzio carico di domande, di attese … i tre discepoli scendono in silenzio … il quotidiano non è il Tabor: quando si intravede e si gusta la bellezza di Dio, bisogna subito andare alla vita per portare il Regno al cuore del mondo.

Dal Tabor si scende in silenzio, “ruminando” le parole dell’Evangelo e della promessa e puntando con coraggio, con Gesù, verso Gerusalemme. A Gerusalemme la luce del Regno, che sul Tabor sfolgora sul volto di Cristo, sarà donata ad ogni uomo! La via  sarà quella della croce ma la meta è la pace gioiosa della Pasqua! Ricordiamo sempre che la Quaresima non è un riposo, è cammino! La Pasqua è ingresso nel riposo ma un riposo che “rilancia” il pellegrinare … fino alla “terra promessa” del suo ritorno!

Intanto, allora, buon cammino.

P. Fabrizio Cristarella Orestano

Luca Giordano (1634- 1705): Trasfigurazione di Cristo (1685 ca.), Firenze Galleria degli Uffizi