SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

17 Gennaio 2021/ Anno B

1Sam 3,3b-10.19; Sal 39; 1Cor 6,13c-15a.17-20; Gv 1,35-42

                   Al centro della riflessione di questa domenica c’è un tema sul quale è bene che la Chiesa rifletta profondamente ed in modo nuovo e non appiattente: il tema della vocazione.

                   Un tema che certamente riguarda tutti gli uomini e tutti i battezzati ma che ciascuno deve poter e saper leggere in profondità dando a Dio la possibilità di chiedere qualcosa che esuli dall’ordinario. Nella comune vocazione alla vita, nella comune vocazione alla fede, alla santità, è vero anche che si muovono delle vocazioni particolari, personali, vocazioni che nella Chiesa raccontano i sogni altri che Dio fa su alcuni suoi figli!

                   Mi pare che la doverosissima riflessione sulla comune vocazione battesimale e sulla comune vocazione alla santità abbia oscurato la stima e l’altrettanto doverosissima riflessione sulle vocazioni particolari (vita monastica, religiosa, presbiterale)!  Credo che la ricaduta sulla vita ecclesiale di questa depauperizzazione sia grave… mi pare che anche nella Chiesa a un certo punto sia apparso il “politicamente corretto” per cui guai a parlare di certe cose… come se il dire che ci sono delle vocazioni particolari da parte di Dio tolga qualcosa alla comune vocazione di tutti i discepoli di Cristo… certo il calo delle vocazioni è dovuto non solo a questo ma anche ad altri fattori: la “diminutio” della Chiesa (e questa ormai è accelerata anche dalla situazione pandemica che non ha fatto altro che rivelare la verità di una forma di Chiesa che ormai ha fatto il suo tempo!), l’avanzare dell’indifferentismo religioso, il nostro deficit di autentica evangelizzazione. La Scrittura, di contro, ci narra di continuo di vocazioni “particolari” all’interno del popolo, tutto eletto e vocato da Dio!

                   I testi di questa domenica ci pongono innanzi dei dati che, mentre valgono per tutti i battezzati, devono anche interpellare chi sente nel suo profondo una spinta, una voce che chiama ad un “oltre” non ordinario, verso la via di un “sì” a Dio che può chiedere di percorrere strade non comuni. Il pericolo è appiattire tutto! E ci si trova più poveri e meno felici!

                   L’esperienza di Samuele e l’esperienza dei primi discepoli di Gesù nel IV Evangelo ci indicano proprio queste vie non ordinarie ma non per questo migliori, sono solo particolari e mirate a dei ministeri necessari per lo sviluppo di tutto il popolo.

                   Dio si mostra  ̶  lo fa con ogni uomo  ̶  come Colui che sempre prende l’iniziativa; l’ha fatto con l’umanità intera chiamandola alla vita nella creazione, l’ha fatto con Abramo, con Mosè, con Samuele, con David, con i profeti, con Maria di Nazareth, con il Battista… è Lui che vede per primo e questo – lo ripeto – vale per ogni discepolo di Cristo, per ogni uomo; se è così questo tanto più vale per ogni vocazione particolare. Ci si deve riflettere personalmente; ciascuno nella propria storia e condizione. Tale primato di Dio fu espresso in modo chiarissimo dal grandissimo teologo evangelico Karl Barth che amava trasformare il celebre assunto di Cartesio, cogito ergo sum (“penso dunque sono”) con la semplice aggiunta di una “r”, in cogitor ergo sum e cioè “sono pensato (da Dio) dunque sono”, dunque esisto, vivo, credo!

Essere pensato da Dio! Riflettiamoci! Lui ci precede con il suo amore e la sua scelta; lo dirà chiaro a Geremia chiamandolo al ministero profetico: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo messo da parte» (cf. Ger 1,5). È  l’esperienza del piccolo Samuele che abbiamo ascoltata nella prima lettura; Samuele si ritrova nel pensiero e nei sogni di Dio quando nulla si attende e deve comprendere di non essere un semplice servo di un sacerdote, ma servo del Dio vivente che desidera farlo suo profeta, portatore della sua parola. Da parte sua Samuele dovrà solo offrire un assenso all’ascolto: «Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta!». Come gli suggerisce il vecchio Eli. La scena evangelica inizia con una sequela indotta dal Battista, ma che si compie ancora per una sovrana iniziativa del Signore; è infatti Gesù che si volta e vede quei due discepoli del Battista che lo seguono e li interpella: «Che cercate?».

Che domanda!

                   È interessante notare che, nel racconto giovanneo, c’è un gioco di sguardi assolutamente necessari; si badi che sono simbolici di un dover “vedere” in profondo, oltre il visibile, oltre il “somatico” (operazione questa che il IV evangelista ci fa fare di continuo!). Infatti tutto parte dal Battista che fissando lo sguardo su Gesù che passa lo indica ad Andrea e all’altro discepolo; poi Gesù si volta e vede i due che lo seguono invitandoli dicendo: venite e vedete; questi vanno e vedono dove Gesù dimora; c’è poi Andrea che vede suo fratello Simone e gli dice d’aver trovato il Messia; infine Gesù vede Simone e gli cambia la vita mutandogli il nome!

                   Il racconto di Giovanni è costruito in modo straordinario: ci mostra come l’incontro con Colui che da sempre li ha pensati ha una progressione di profondità. Il cercare diviene un trovare («Che cercate?» – «Abbiamo trovato il Messia!»); il seguire diviene un rimanere («i due discepoli seguirono Gesù» – «E quel giorno rimasero con lui»); il rabbi diventa il Messia («Rabbi, dove dimori?» – «Abbiamo trovato il Messia.»).

                   Un ultimo elemento di questi testi ci fa riflettere sulla ricerca vocazionale che tutti siamo chiamati a fare per scoprire sempre più quanto siamo pensati da Dio. Non è un dato marginale come potrebbe sembrare: per giungere a discernere la volontà di Dio per noi, per giungere sulla via giusta della propria chiamata personale, è prezioso e necessario l’aiuto di un fratello, di un amico, di un direttore spirituale, di un padre, di un maestro… dell’altro…

Per Samuele sarà Eli che è capace di una cosa straordinaria: non si sostituisce a Samuele per rispondere a Dio ma lo guida ad aprirsi a quella voce misteriosa che risuona. Eli non banalizza, non incoraggia all’appiattimento, dà credito alla possibilità che ci sia una via altra e straordinaria nella vita di quel ragazzo che dorme presso l’Arca Santa.

Per Andrea e l’altro discepolo c’è invece la presenza del Battista, un maestro che punta l’indice verso Gesù e lo definisce Agnello, Servo di Dio: è Lui che ormai bisogna seguire. Anche qui ci troviamo dinanzi ad una figura di spessore straordinario: il Battista è disposto a perdere sè stesso come Maestro per indicare l’altro Maestro.

Per Simon Pietro ci sarà la presenza fraterna di Andrea che gli dice d’aver trovato Colui che tutti attendevano: «Abbiamo trovato il Messia!».

Con la presenza di un padre, di un maestro, di un fratello i passi nel discernimento della propria verità e vocazione diventano più veri, più sicuri, più veloci! Il problema è dar credito a quelle parole che ci vengono da quelli che il Signore pone accanto ai cammini di vocazione!

                   La verità è che nessuno si salva da sé! Abbiamo bisogno innanzitutto di Uno che ci pensi prima che noi pensiamo a Lui e a noi e abbiamo bisogno di uomini nostri fratelli che con il loro sguardo, il loro ascolto, il loro stesso amore per noi ci mostrino le vie di Dio!

                   Il Signore provvede per chi sinceramente è disposto a lasciarsi trovare da Dio e a seguire le sue vie, il Signore si fa presente; Dio non abbandona il suo eletto! Questo riguarda tutti e, in modo proprio e sensibile, riguarda chi è chiamato a fare scelte radicali, scelte di ulteriore.

                   Mi viene in mente ancora la chiamata di Geremia a cui il Signore mostra un ramo di mandorlo; in ebraico “mandorlo” si dice shaqed, una parola che significa anche “vigilante”! Questo perché il mandorlo è vigilante in quanto e l’albero che fiorisce per primo annunziando la primavera, la fine dell’inverno. Nella chiamata Dio non abbandona nessuno nel deserto della vita, anche se, a volte, pare così; sul cammino di chi è chiamato c’è sempre l’ombra di un ramo verde e fiorito, segno di un Dio vigilante e pronto a rinnovare il nostro cuore, le nostre energie, le nostre forze, per renderci pronti a dire e a ripetere dei “sì” a un sogno più grande di noi.

                   Ci vuole solo coraggio!

P. Fabrizio Cristarella Orestano