SANTISSIMA TRINITA’

Anno A/7 Giugno 2020

Es 34, 4b-6.8-9; Cantico Dn 3, 52-56; 2Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18

            La domenica della Santissima Trinità, posta dopo la Solennità della Pentecoste, compimento della Pasqua, ci indica la fonte, la ragione, il cuore, il fuoco da cui proviene tutto il mistero del Dio-con-noi, del Dio-con-noi fino alla croce, del Dio-con-noi che ci porta con sè in Dio, del Dio-con-noi che rimane con noi nello Spirito versato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5)…Questa origine è la comunione trinitaria, è il Dio che Gesù ci ha narrato che non è un Dio solitario ma è un Dio la cui vita è comunione, è relazione, è amore…un Dio che in sè è questa comunione, relazione e amore.

            L’Evangelo di oggi è un breve tratto del lungo testo di Giovanni dell’incontro tra Gesù e Nicodemo; secondo alcuni esegeti queste che oggi ascoltiamo non andrebbero registrate come un discorso diretto di Gesù ma come parole di commento dell’evangelista alle parole di Gesù sull’innalzamento del Figlio dell’uomo. Ai versetti precedenti Gesù ha detto a Nicodemo che “come Mosè innalzò il serpente nel deserto così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo…è nel volgere lo sguardo all’innalzato che si ha la vita, così come gli israeliti mormoratori, avvelenati dal morso dei serpenti avevano la salvezza se volgevano lo sguardo al serpente di rame innalzato da Mosè (cfr Num 21,49) … E’ strano, il Figlio dell’uomo paragonato al serpente! … Solo per l’ innalzamento? Mi pare di no…il serpente innalzato dà la salvezza ma ricordando il peccato, quello dell’in-principio, quello della parola mormoratrice che tutto avvelena…così il Crocefisso innalzato dà la salvezza ma ricordando l’iniquità ed il peccato che si visibilizzano nel corpo straziato e torturato del Figlio dell’uomo…

            Le ragioni di questo riposano tutte nell’amore del Padre; ecco che allora l’evangelo ci rivela chi è Dio: è il Padre che ama il mondo tanto da dare il suo Figlio, è il Figlio che non teme di farsi innalzare immergendosi tutto nel peccato dell’uomo, è lo Spirito che ci fa rinascere dall’alto (cfr Gv 3,5). Il mistero trinitario ci conduce ad un Dio che non è un sistema morale ma un “sistema” di dono, non bisogna fare altro che accettare il dono e farsi rigenerare; la vita del discepolo di Cristo, la vita pasquale del discepolo di Cristo non è una nuova morale ma una rinascita con cui si può venire fuori dal grembo mortifero del peccato per venire ad abitare in un altro grembo, quello dell’amore trinitario che plasma l’uomo nuovo rendendolo capace di una vita nuova. Una vita nuova che si accoglie e che non è sforzo morale, una vita nuova che è lotta ma per contrastare l’uomo vecchio che vorrebbe tornare in quell’altro grembo mondano che è più rassicurante, più “solito”, più “come” e che non si compromette con un’alterità che è incomprensibile ed inaccettabile per chi fa del “salvare se stesso” la sua unica religione. Il mondo fa questo! Dio no!

            Il Dio Trino, infatti, ha pagato il “caro prezzo” della lacerazione e dell’accoglienza in sé del dolore e perfino della morte. È questo Dio che ci ha aperto il mondo nuovo, è questo Dio che ha riversato su di noi lo Spirito che sempre ci accompagna nella fatica storica della fedeltà per custodire, nella lotta, l’uomo rinato dall’alto.

            La liturgia di questa domenica, in fondo, non vuole spiegare, vuole invece mettere sulle nostre labbra e nel nostro cuore lo stupore e la lode … le liturgie di questo tempo ci hanno fatto rivivere e riassumere tutto il mistero d’amore che ci ha salvato, oggi è tempo solo di stupore e di lode dinanzi alla bellezza senza confini del Dio Trino, del Dio che è amore, del Dio che Gesù ci ha narrato…il solo vero Dio: Padre e Figlio e Spirito Santo!

P. Fabrizio Cristarella Orestano

Masaccio: Trinità (1427-28);
Firenze, Basilica di S. Maria Novella