Ottava domenica del tempo ordinario

27 Febbraio 2022/ Anno C

Sir 27,5-8; Sal. 91; 1Cor 15,54-58; Lc 6,39-45          

  In questa domenica siamo ancora all’interno del “Discorso della pianura” dell’evangelo di Luca; se Matteo ambienta questo grande discorso di Gesù sulla montagna (cf. Mt 5-7), Luca lo pone in una pianura e pone Gesù più in basso rispetto alle folle che lo ascoltano, tanto che per parlare a quelle folle Gesù deve alzare lo sguardo. È la prospettiva di Luca che nel suo evangelo mostra sempre un Gesù che sta in mezzo agli uomini «come colui che serve» (Lc 22,27), che mai si erge sopra gli uomini, ma che se ne fa carico proprio come il pastore della parabola della pecora perduta (cf. Lc 15,4-8), proprio come il Samaritano che si fa carico dell’uomo ferito e spogliato (cf. Lc 10,29-37).            Questo particolare del parlare dal basso desidera farci cogliere, direi, il tono del parlare di Gesù, del suo discorso: non un tono accusatorio, recriminante e giudicante, ma un tono colmo di viva preoccupazione per gli uomini suoi fratelli; è quel tono che, nelle beatitudini lucane, ci dovrebbe far preferire a «guai a voi…» un accorato «ahimè per voi…»!            Il parlare di Gesù è proprio quello che il sapiente Autore del Libro del Siracide dice nel breve passo che oggi costituisce la Prima lettura: il parlare è il luogo in cui possiamo cogliere la verità dell’uomo; ha detto il nostro sapiente che non si può giudicare un uomo prima d’aver ascoltato il suo parlare, quello rivela il suo cuore! Sì, il parlare non è un ambito neutro, è un ambito che, proprio perché eminentemente umano, in quanto sulla terra solo l’uomo parla, è – direi –  costitutivo dell’umano.            L’uomo buono, dice Gesù, trae dal suo tesoro interiore il bene se il tesoro è buono, l’uomo cattivo trae dal suo tesoro cattivo il male … c’è, allora, un tesoro cattivo? Certo! Il tesoro dell’uomo è ciò che l’uomo ha accolto in sé ed ha “tesaurizzato”, cioè fatto diventare suo patrimonio. L’uomo che ha accumulato solo attenzione a sé, ai suoi interessi, alle sue voglie di potere e dominio, che ha accumulato dentro rancori e odi, che ha accumulato in sé meschinità ed egoismi, che ha accumulato in se autosufficienze anche nei confronti di Dio, trarrà da questo buio tesoro parole ed azioni buie che portano buio! Gli uomini così sono quelli che, pieni di sé, non riescono a cogliere questo buio e questo “tesoro” che manda tanfo di morte e da quel terribile tesoro traggono pure giudizi sugli altri, dicono parole di morte, vedono travi dove ci sono solo pagliuzze e vedono occhio libero e limpido dove ci sono travi che occludono la vista e il sentire! Uomini così sono ciechi che pretendono di guidare altri ciechi… il problema è che i ciechi che vogliono guidare altri ciechi sono quelli peggiori, quelli con le travi negli occhi!            In Luca accade una cosa che deve farci riflettere: in Matteo questo detto di Gesù (come quello che segue sull’albero buono e come quello di cui dicevamo del tesoro del cuore) è rivolto ai farisei, Luca ci dice che queste parole sono rivolte ai discepoli! Insomma, Luca sta sperimentando che quelle stesse pericolosissime derive “religiose” farisaiche si sono insinuate nella Chiesa di Cristo e troppe volte la fanno da padrone! È terribile! Anche tra i discepoli di Cristo possono esserci parole mortifere che soppiantano le parole di vita dell’Evangelo, anche tra i discepoli di Cristo ci può essere la cieca cecità (mi si perdoni il bisticcio di parole!) per cui si pretende di guidare altri avendo travi mondane negli occhi che occludono la vista, anche tra i discepoli di Cristo il cattivo tesoro può essere accumulato dentro mettendo a tacere la grazia e la luce dell’Evangelo del Messia Crocefisso.            «La bocca parla dalla pienezza del cuore», dice Gesù … l’uomo espresso è l’uomo interiore; se dentro c’è morte e autosufficienza, fuori verranno parole di morte che conducono a un’autonomia senza sbocchi di luce! Questo arma di nuovo le mani della morte del suo pungiglione, di quel pungiglione di cui ci ha detto Paolo nel suo discorso ai cristiani di Corinto e questo permette di nuovo alla morte di vincere nella nostra storia! Quella morte, vinta a prezzo del sangue del Messia Gesù, a prezzo del suo amore costoso e sconfinato, riprende vita nei cuori che hanno tesaurizzato autoreferenzialità egoistiche e morte!            È così!            Non si gioca con il profondo di noi stessi, lo si inquina! Non si accumulano nelle “cantine” della nostra vita cose morte e portatrici di morte… la loro presenza lì non è neutra, non sono come oggetti abbandonati e dimenticati! Hanno una loro efficacia che avvelena le parole dell’uomo e che perverte le sue azioni!            L’albero buono porterà frutti buoni, l’albero cattivo porterà frutti cattivi, c’è poco da fare! Un terzo non è dato!            Che albero scegliamo di essere? Dove abbiamo affondato le nostre radici? Sono domande serie che vogliono risposte serie! Poveri noi se eludiamo queste domande: rischiamo di essere alberi che dispensano frutti avvelenati agli uomini nostri fratelli!            La liturgia di questa domenica quest’anno, mi pare un ottimo preludio al nostro ormai prossimo ingresso nella Quaresima che inizierà mercoledì!            «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!» (Lc 14,35).  

P. Fabrizio Cristarella Orestano  

Mitelli Giuseppe Maria (Bologna 1634- 1718): Può un cieco guidare un altro cieco? (Acquaforte, 1678)