MERCOLEDI’ DELLE CENERI

2 Marzo 2022/ Anno C

Solenne inizio della Quaresima

Gl 2,12-18; Sal 50; 1Cor 5,20-6, 2; Mt 6,1-6.16-18

            La Quaresima inizia in questo mercoledì che è giorno solenne ed austero, è inizio di un cammino che non può essere formale, ristretto alle domeniche e culminante nella Pasqua (per tanti – ed è scandaloso! – neanche nel Santo Triduo della Pasqua ma nella Domenica di Pasqua, giorno in cui la celebrazione della Pasqua è già passata!).

            Un cammino, quello quaresimale, che deve segnare davvero il nostro cuore, il nostro profondo, le nostre concretissime esistenze. In epoche passate (fino a non molti decenni fa…) la Quaresima la si sentiva, la si avvertiva; tutta la società – certo a volte formalmente e come un peso per tanti (penso alla chiusura dei teatri, al divieto delle carni anche nei negozi e nei ristoranti e così via…) – ne riconosceva il rigore ed il tono … ora tutto questo in occidente, nel nostro occidente secolarizzato, è finito e in Quaresima si balla, si fa festa, si fanno matrimoni (lo abbiamo permesso anche noi come Chiesa!) con grandi banchetti e festeggiamenti, l’astinenza dalle carni (ultimo residuo del digiuno quaresimale – per altro richiesto solo oggi e al Venerdì Santo! -) è disattesa e svilita anche in certi conventi o comunità religiose … la preghiera è, come sempre, labile e superficiale; l’elemosina, la condivisione, non riceve in questi giorni nessun impulso o slancio. Insomma, tutto come negli altri giorni! I cristiani hanno smarrito del tutto queste cose, le hanno relegate nella soffitta del ciarpame e delle realtà obsolete e strane… si sono lasciati avvincere e legare dalla mondanità che, come una inarrestabile inondazione, tutto copre e affoga. La Quaresima è per i cristiani che dovrebbero vivere questo tempo davvero in modo altro e forte… è chiaro che la società secolarizzata non se ne cura e la deride, ma i cristiani che ne hanno fatto? Hanno gettato via i formalismi e le viete tradizioni assieme al contenuto!

            La Quaresima, invece, dovrebbe essere, deve essere, un bagno di pentimento e di rinnovamento, un tempo, come si dice nella tradizione ortodossa, di “radiosa tristezza”; è la tristezza per i nostri peccati, per le nostre infedeltà, che si staglia, però, sull’orizzonte di una certezza: Cristo ha vinto il peccato e la morte, la tristezza del peccato è invasa dalla luce radiosa della misericordia, del ritorno a Dio reso possibile dalla croce di Cristo e dalla sua risurrezione… se la cenere, che oggi è posta su di noi, ci dice quanto è distruttivo il nostro peccato, quanto l’”Osanna!” della Domenica delle Palme sia diventato cenere in tanti giorni della nostra vita (bella l’usanza di produrre le ceneri per la liturgia di oggi con i vecchi rami di olivo della Pasqua precedente!), luminosa è però la certezza che questo bagno di pentimento produrrà un’emersione nella novità di vita, nella certezza che nulla è perduto perché l’amore di Dio è più grande delle nostre miserie. Una penitenza che non deve essere colta come un’opera per “meritare” il perdono, ma come presa di coscienza che il nostro peccato è stato perdonato da un Dio che in Gesù Cristo è morto “mentre noi eravamo nemici” (Rm, 5,10)! Un pentimento che sorge con i suoi gesti colmi amore grato dinanzi alla scoperta della contemporaneità tra la nostra inimicizia e iniquità e la misericordia tenerissima di Dio in Cristo Gesù!

            Tutto questo però va vissuto veramente da noi credenti e non deve essere “spiritualizzato” e quindi – diciamoci tutta la verità – sminuito. Questa eccessiva “spiritualizzazione” (con l’“intelligente” e “moderna” eliminazione di tutto ciò che è concretamente visibile ed esteriore!) pecca sempre gravemente di angelismo; bisogna ripetersi che noi non siamo angeli, siamo uomini!… La nostra natura è fatta di carne e sangue e questo ha bisogno di segni, di “ascesi” concreta che tocchi la nostra carne, il nostro tempo, i nostri possessi.

            La spiritualizzazione produce, come frutto, la dimenticanza, l’accantonamento della concretezza cristiana, del peso esistenziale vero che l’Evangelo deve avere nelle nostre vite! È la deriva che hanno preso tante Chiese della Riforma e che, in moltissimi sensi, rischia di prendere (ma tante volte la deriva è già in atto!) anche la nostra tradizione cattolica.

            È necessario tornare allora all’ “ascesi” (parola che significa semplicemente “esercizio”) perché la nostra vita concreta possa piegarsi sempre di più all’Evangelo, alla bella notizia di quella contemporaneità tra il nostro peccato e il perdono di Dio che nulla ci ha richiesto!

            Le letture di questo giorno (liturgia da cui molti cristiani si esonerano perché “non è precetto”!!) sono preziose per darci l’avvio in questo percorso. Un percorso che dice uno stile per sempre; la Quaresima non è un tempo chiuso in sé che ci chiede delle “pratiche” da archiviare fino alla successiva Quaresima! La Quaresima ci educa, anno dopo anno, ad uno stile evangelico di cui digiuno, elemosina e preghiera (di cui parla Gesù nel passo di Matteo che oggi si proclama) sono vie maestre.

Prima di arrivare però a queste tre vie, Gioele, nel testo del suo oracolo che ascoltiamo quale prima lettura, ci grida un invito: «Ritornate al Signore!». Un ritorno che deve essere palese anche nei gesti, nel pianto, nell’invocazione, nel lacerare ciò che si è fatto impenetrabile a Dio («Laceratevi il cuore!»). Paolo risponde con l’esortazione data ai Cristiani di Corinto di permettere a Dio di entrare nelle loro vite perché l’opera della riconciliazione, del ritornare, della conversione, è opera di Dio in noi! Nessun volontarismo, allora, ma anche nessun disimpegno! L’ ascesi è necessaria, ma non ci salva, l’ ascesi ci apre a Dio, ci insegna a lottare, apre a Lui le porte della nostra libertà perché Egli compia in noi l’opera della salvezza.

            Il digiuno, l’elemosina e la preghiera sono tre strumenti preziosi per contraddire e piegare le nostre “libido”. 

Il digiuno è via preziosa che ci contraddice nell’aver voluto cedere alla tentazione del “serpente antico” di mangiare per avere la vita, di credere, dunque, che si può “vivere di solo pane” (cfr Mt 4, 4; Dt 8, 3), di credere che la vita ce la diamo da soli, che la vita non viene da Dio, che la vita non è Dio! Il digiuno serve a ricordarci che mangiamo per vivere ma poi moriamo ugualmente … è ricordarci che la nostra caducità (…«siamo polvere»…) riceve vita solo da Dio; solo Lui può dire ai figli di Adamo, la cui vita è solo un soffio: «Figli di Adamo, ritornate!» (cfr Sal 90).

La preghiera è restituire a Dio il suo potere… è dargli tempo, è dargli, cioè, vita (la nostra vita – è bene ripeterselo – è solo tempo!); pregare è ricordarsi che nessun potere è nostro, è ricordarsi che il primato va sempre e solo a Lui, che il suo potere libera e che il nostro potere ci fa schiavi e rende schiavi gli altri. La preghiera è il luogo in cui, proclamando il primato di Dio, si impara a rendere inoffensivo il nostro desiderio di potere. Ce l’abbiamo questo desiderio, tutti; in varie forme, ma tutti.

L’elemosina è invece luogo in cui il nostro possedere è piegato alla condivisione; la libidine di possedere si spezza dinanzi al fratello con cui non posso non condividere quello che ho, quello che sono… L’elemosina non è atto di degnazione, ma è il dovere della condivisione, della giustizia; è il volgere le spalle a “mammona” per cessare di fidarci del possedere per affidarci al donare.

La Quaresima così ci fa ritrovare le vie dell’uomo.

A patto di prenderla sul serio, a patto di vivere queste realtà non simbolicamente, ma concretamente, in modo costoso, senza sconti, per farne uno stile di vita… per sempre.

Sullo sfondo della Quaresima si prospetta la Pasqua di Gesù per cui sappiamo che questo uomo nuovo e libero è possibile perché Lui ce l’ha donato.

Allora è vero: siamo polvere e polvere tante volte diventano i nostri “Osanna!” ma non restiamo polvere!

Questa certezza dia forza al nostro cammino!

Santa Quaresima! 

P. Fabrizio Cristarella Orestano